La città di Laterza in rete

Vescovo brasiliano, ma laertino d’adozione. La nuova «carta d’identità» di mons. Mario Rino Sivieri, presule di Proprià, testimonia che davvero il mondo, al di là delle teorie sociologiche sul villaggio globale, un po’ paese lo è. Con quella dimensione giusta, che fa sentire vicine, persone che stanno laggiù, oltre l’Oceano. In un “altro” mondo, dove i problemi hanno prospettive diverse, spesso, impensabili per chi sta, comodamente, quassù. Così sabato mattina il vescovo brasiliano ha scoperto, davanti ai consiglieri comunali e agli studenti delle scuole laertine, di essere uno di loro: cittadino onorario di Laterza. «Ma che cosa ho fatto per meritare questo onore», si è chiesto Sivieri, dandosi una risposta che rimanda a storie e volti, a mani protese ed esperienze di vita: «Ho fatto il tramite con i volontari, mettendo semplicemente insieme delle persone». Insieme, come «un ponte fa con due sponde», ha detto mons. Fragnelli, che rappresenta l’altra metà del gemellaggio tra le due diocesi. Proprià e Castellaneta: terre lontane e diversissime unite, appunto, da un «ponte lungimirante che vuol dire reciprocità di rapporti, in cui si dà al Brasile e da esso si riceve». «Il dare non è fine a se stesso – ha sottolineato Fragnelli -, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri, vivendo senza la paura reciproca ma puntando sulla fiducia negli altri. Questo evento è un messaggio di solidarietà e di civiltà spirituale, perché il Brasile non ha solo ricevuto, ma è sorgente per la Chiesa. Il sud del mondo non è solo un buco nero, ma è in grado di dare al nord». “Quanto”, lo spiega mons. Sivieri in una lettera a mons. Fragnelli: «Ne è venuto fuori un bel tessuto. E continuiamo a tessere. La speranza non può morire. Ci sarà sempre filo per i nostri telai. Finché ci saranno giovani che muoiono, che sono assassinati, madri che vendono neonati per droga (proprio qui a Propriá in questi giorni), bambini di otto anni che si drogano con il letale crack (la droga più micidiale di questi ultimi tempi), non possiamo non “dar acqua” ai nostri telai, affinché continuino a tessere la carità». Piccoli tessitori come il gruppo di Orizzonti Nuovi (dieci anni di attività, la metà del gemellaggio) cresciuto attorno a Pierpaolo Lamola e alla sua famiglia, pionieri delle adozioni a distanza con le quali si prova a strappare bimbi innocenti ai venditori di morte, gli spacciatori di crack, oppure si cerca di offrire una chance ai tossicodipendenti occupati nella “Fazenda esperança” realizzata con i soldi delle donazioni italiane in un posto dove “Chiesa” ogni giorno vuol dire frontiera e, non di rado, trincea. «Le umili origini di questo gemellaggio – scrive ancora mons. Sivieri - assomigliano alle fonti modestissime del Rio São Francisco, che per 2.700 Km scorre a beneficiare tante terre, tribù, pescatori, navigatori, città fino a sboccare nel grande oceano, fatto mare anche lui, come lo chiamavano gli indios, attraversando tutta la nostra diocesi, pieno di mistero e di storia: il fiume della integrazione nazionale». E un grande “fiume” scorre anche da noi: laici, preti, bambini, adulti, parrocchie, scuole, associazioni, confraternite impegnati nel dare e nel ricevere. Così lontani dal Sergìpe, nel cuore desolato del Brasile, eppure così vicini.



» Corriere del Giorno

» Fonte: Corriere del Giorno
» Autore: Massimo D’Onofrio
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